Quello che vi serve sapere: Mike Rogers, fingendosi Steve Rogers, di cui potrebbe passare quasi per gemello, ha organizzato l’evasione della sua complice Gail Runciter e dell’ex agente dell’Hydra conosciuto come Bravo.
Nel frattempo un gruppo di terroristi
mediorientali si è impadronito di un carico di plutonio con cui medita di
realizzare una bomba atomica da far esplodere negli Stati Uniti. Amadeus Cho,
il brillante ragazzo di origine coreana, definito il settimo uomo più
intelligente del pianeta, ha appena scoperto qual è il loro obiettivo.
#52
LA SOMMA DI TUTTE LE PAURE
di
Carlo Monni & Carmelo
Mobilia
Quartier
Generale dei Vendicatori Segreti, New York City,
Amadeus Cho sembrava decisamente
agitato, cosa insolita per lui e Steve Rogers comprese immediatamente che
qualunque cosa avesse scoperto doveva essere molto grave.
Fu lieto che anche gli altri membri
del gruppo fossero arrivati, così avrebbero ascoltato le brutte notizie tutti
insieme una volta sola.
<Allora, Amadeus…> lo esortò
<Dicci cosa hai scoperto.>
<Sono riuscito a decifrare il
contenuto di una chat criptata dei terroristi mediorientali a cui Nomad stava
dando la caccia e quello che ho scoperto è terribile.> rispose il giovane
coreano.
<Basta con i preamboli,
Amadeus.> intervenne Bucky Barnes in tono spazientito <Dicci tutto e
fallo subito.>
<Beh… a quanto pare l’ONU è riuscita a convincere i principali protagonisti dei conflitti in Medio Oriente ad incontrarsi qui negli Stati Uniti per partecipare ad una specie di conferenza di pace che si spera possa trovare una soluzione che possa accontentare tutti.>
<Proprio quello che le fazioni più
radicali di tutte le parti in conflitto non vorrebbero.> commentò Yelena
Belova <Per loro l’unica soluzione possibile è il più totale annientamento
del nemico.>
<Ed i nostri amici appartengono
proprio ad una di queste fazioni.> replicò Amadeus <Se il loro piano
riuscisse ciascuna parte accuserebbe l’altra di essere responsabile
dell’attentato ed il processo di pace non subirebbe una semplice battuta d’arresto
ma regredirebbe di decenni. Senza contare che il prestigio degli Stati Uniti
subirebbe un duro colpo per non essere stati capaci di impedire una cosa del
genere in casa propria.>
<Se ho capito bene…> intervenne
Jack Flag <… ci stai dicendo che questi terroristi hanno scoperto dove si
terrà questa conferenza ed è lì che intendono far esplodere la loro bomba.>
<Precisamente. E non è tutto.>
<Cos’altro c’è?> chiese Bucky
con un sospiro.
Il viso di Amadeus si fece ancora più
cupo mentre rispondeva:
<Non so come ma hanno anche
ottenuto i piani dettagliati delle misure di sicurezza predisposte per la
Conferenza.>
Steve Rogers rimase silenzioso per
qualche istante poi disse:
<Chiamo subito Nick Fury.>
Covo
segreto del Teschio Rosso.
L’uomo il cui vero volto era nascosta
dalla sinistra maschera a forma di Teschio indicò a Sharon Carter una sedia a
capo di una tavola imbandita e disse:
<La prego di sedersi, Miss Carter.
Come le ho già detto, lei è mia ospite e spero che il cibo sarà di suo
gradimento.>
Poiché non vedeva alternative, Sharon
si sedette mentre il Teschio Rosso faceva altrettanto all’altro capo del
tavolo.
<A che gioco stai giocando,
Teschio?> chiese infine <È ovvio che non mi vuoi morta: la tua agente
avrebbe potuto uccidermi senza problemi invece di sedarmi e portarmi qui. E non
dirmi che è perché vuoi toglierti la soddisfazione di vedermi penzolare sopra
una vasca piena di squali come in un brutto film di spionaggio, ti prego.>
Il Teschio fece una risatina divertita
e replicò:
<Mi è sempre piaciuto il suo
temperamento, Miss Carter. Provo una sincera ammirazione per lei. Ha superato
prove che avrebbero spezzato altre donne… e uomini se è per questo, e ne è
uscita temprata nel fisico e soprattutto nel carattere. Èun vero peccato che
una donna come lei debba essere mia nemica.>
<Se stai cercando di comprarmi, non
funzionerà: preferirei bruciare all’inferno piuttosto che lavorare per te,
dovresti saperlo.>
<Proprio la risposta che mi
aspettavo da lei. Ma ora la prego, onori la cena che ho fatto preparare. Dopo
parleremo di ciò che ho in mente per lei.>
“Nulla di buono, sicuramente” pensò
Sharon “Beh, se deve capitarmi qualcosa di brutto, tanto vale che sia a pancia
piena”.
Base dei Vendicatori Segreti.
Fu un’inaspettata sorpresa per Steve
Rogers e i suoi ragazzi ricevere Dum Dum Dugan alla base.
<Dugan, vecchio tricheco... è un
piacere rivederti.>
<Anche per me, vecchio mio. Lo so,
non ti aspettavi che venissi io... ma Nick è impegnato altrove [1]e
ha delegato me per darvi supporto.
<Ti ha aggiornato su tutto?>
<Assolutamente. Sospetti di un
attentato terroristico alla conferenza di pace che si terrà in un luogo segreto
sotto l’egida delle Nazioni Unite. Sul posto troverete Roger Nelson, sarà lui
il vostro contatto. Ho qui le vostre identità fittizie e i vostri rispettivi
compiti.>
Dugan consegnò loro delle valigette
con dentro tutto quello che occorreva.
<Steve, tu sarai John Adams,
responsabile della sicurezza. Bucky sarà Stan Winter, il tuo vice. Per la
Belova un ruolo di interprete della delegazione russa, Tatiana Sharapova, il
ragazzo resterà fuori pronto ad intervenire in caso di bisogno mentre Maria sarà
parte del personale del servizio catering.>
<Perchè le latine in questo paese
fanno tutte le domestiche, dico bene?> osservò Donna Maria, con una nota di
disappunto.
<Come quella volta a Cleveland,
ricordi?> sorrise Dugan <A volte un luogo comune è il miglior modo per
passare inosservati. Perciò sorridi, “Sophia Lopez”>
<Seguro, señor> rispose
la ragazza, in modo sarcastico.
<Ognuno reciterà il proprio ruolo
senza discutere. Vi ricordo che ci sono in ballo delle vite umane.> li
riprese Steve, in tono serio.
<Amadeus, ovviamente ti voglio in
contatto perenne con ognuno di noi. Occhi e orecchie su tutti, devi aggiornarci
all'istante.>
<Sarà fatto, comandante.>
Jack Flag notò che Bucky sembrava essere
come assente.
<Ehi amico... tutto bene?>
<Come? Oh sì... stavo solo...
riflettendo.>
<Capisco. Per te dev'essere normale
routine. Operazioni di questo genere … ne hai fatte tante, nel corso degli
anni...>
<Si, è così. Anche se di solito la
mia missione consisteva nello stroncare vite, e non nel salvarle.> rispose Bucky
in modo secco.
Jack Flag non se la sentì di
controbattere. In fondo, lui non era che un novellino davanti ad un leggendario
veterano come lui... come poteva giudicarlo? Eppure, sapeva certo distinguere
un uomo poco attento e non lucido... avrebbe dovuto parlarne con Steve?
O forse quello non era che il modo del Soldato d'Inverno di prepararsi alla missione, e avrebbe fatto la figura dell'idiota? Dopo una rapida riflessione, decise di tacere.
Un luogo segreto.
Il ragazzo
dalla testa rasata sembrava decisamente molto giovane. A stento gli si
sarebbero dati vent’anni. Osservava il panorama fuori dalla finestra immerso in
chissà quali pensieri.
Quasi non udì
entrare nella stanza un uomo alto e ben piazzato con i capelli scuri tagliati a
spazzola, da militare ma ne udì distintamente la voce:
<Siamo
pronti Faysal. È ora di andare.>
<Ora di
andare.> ripetè Faysal Al Tariq voltandosi verso il suo interlocutore
<Non si può più tornare indietro.>
<Ti stai
forse pentendo Faysal? Non dirmi che non sei più convinto della giustezza della
nostra causa.>
<Lo sono
Abdul, è solo che… mi dispiace che si sia dovuti arrivare a questo e per le
vite che sono andate perdute ed alle altre che lo saranno.>
<È
inevitabile. Credi che a me sia piaciuto uccidere quello scienziato? Ma non
c’era scelta: se lasciato libero avrebbe potuto rivelare cose che avrebbero
bloccato i nostri piani.>
<La logica
della guerra. E noi siamo in guerra, non è vero Abdul?>
<Certo e la
nostra è un’azione di guerra. Il solo tipo di azione che il Satana americano,
l’orso russo ed i loro alleati meritano.>
<Risparmiami
la tua retorica Abdul. So che credi nella causa e anche io… ma… sì credo, che
tutto sommato tu ti diverta ad uccidere.>
L’uomo che si
faceva chiamare Abdul Al Rahman non replicò.
Luogo
segreto della conferenza.
Steve Rogers ammise che chiunque
avesse avuto l’idea di tenere la conferenza di pace a bordo di una nave da
crociera in navigazione al largo della Baia di New York aveva avuto una buona
idea anche se probabilmente non sarebbe bastato ad evitare guai
Purtroppo la conferenza di pace non
era iniziata bene. Perfino la distribuzione dei posti ai tavoli di lavoro era
stata oggetto di discussioni. Se le parti in causa non riuscivano a mettersi
d’accordo sulle questioni più irrilevanti, come potevano sperare di farlo su
quelle realmente importanti? Steve era decisamente sconfortato. Perché gli
esseri umani continuavano a preferire la violenza alla pace?
<Agenti Adams e Winter?>
A parlare era stato un uomo dai
capelli bianchi che indossava un impeccabile completo gessato scuro, una
camicia bianchissima ed una cravatta con i colori di una qualche università
prestigiosa che al momento a Steve sfuggiva.
<Sono il Supervisore Roger
Nelson.> si presentò l’uomo <Il mio compito è sovrintendere all’apparato
di sicurezza della conferenza.>
“Un burocrate” pensò Bucky con un velo
di disprezzo. “Un amministratore da scrivania che sicuramente non si è mai
trovato in una situazione in cui il suo bel vestito di sartoria potesse anche
solo essere spiegazzato. Come fa uno come Fury a fidarsi di un tipo simile in
una circostanza come questa? Nessuna meraviglia che il lavoro duro tocchi a
noi.”
Nelson continuò a parlare:
<Un lavoro infame. Le forze di
sicurezza delle varie delegazioni non ne vogliono sapere di collaborare anzi,
ho la sensazione che avrebbero voglia di farsi fuori a vicenda. Non ho
abbastanza agenti per tenerli tutti d’occhio e non posso escludere che ci siano
degli infiltrati tra loro. I documenti sembrano tutti in regola ma voi sapete
quanto me che questo non significa nulla.>
Un accenno al fatto che anche loro
erano lì sotto falsa identità? Si chiese Bucky. Uno sguardo più attento gli
rivelò una cosa che gli era colpevolmente sfuggita prima: la giacca su misura di
Nelson nascondeva una fondina ascellare con annessa pistola. Forse Nelson non
era l’ottuso burocrate che lui credeva dopotutto.
<Non ha torto.> replicò Steve
< Conosciamo i nomi ed i volti di due degli attentatori ma non sappiamo
ancora quanto sia ramificata la loro organizzazione e se ha fiancheggiatori
all’interno di qualche governo.>
<Per fortuna che Fury ha inviato
voi che potrete controllare la situazione in incognito. Gli altri agenti della
vostra squadra sono già qui?>
<Ben mimetizzati ma pronti ad
entrare in azione quando sarà il momento.>
<Perfetto. Vi confesso che mi rende
decisamente nervoso sapere che nei paraggi c’è qualcuno pronto a far esplodere
un’atomica.>
“L’eufemismo dell’anno.” pensò Bucky
senza riuscire a trattenere un sogghigno.
Palazzo
del Daily Bugle, Manhattan, New York City.
Nell’ufficio dell’Editore J. Jonah
Jameson, si stava tenendo una riunione a cui oltre a Jonah partecipavano Joe
Robertson, direttore del Bugle, Charlie Snow, direttore della rivista Now, e la
giornalista investigativa Joy Mercado.
<Quanto è affidabile questo tuo
informatore, Mercado?> le chiese Jonah.
<Quanto basta, direi.> rispose
Joy <Ho visionato il contenuto della chiavetta USB ed è pura dinamite. Una
volta che sarà reso pubblico molte teste salteranno.>
Con un gesto teatrale Joy posò la
chiavetta sulla scrivania di Jonah che si rivolse a Robertson:
<Robbie…>
L’anziano giornalista infilò la
chiavetta nell’apposito supporto del suo laptop e subito dopo apparvero sullo
schermo delle immagini.
Durante tutta la durata del video i
tre uomini e la donna rimasero in silenzio. Fu Snow a romperlo per primo:
<Avevi ragione, Joy, questa roba è
davvero scottante. Non mi sorprende che il tuo amico voglia mantenere
l’anonimato. Sono certo che c’è chi ucciderebbe per impedire che sia resa
pubblica.>
<Quindi pensi che dovrei
dimenticarmene?>
<Niente affatto, credo che sia
nostro dovere scoperchiare quel nido di vermi. Volevo solo che fossi consapevole
dei rischi che corri.>
<Sono d’accordo con Charlie.>
intervenne Robbie <Ovviamente l’ultima parola spetta a te Jonah,>
Il volto di Jameson sembrava di pietra
ancora più del solito poi voltò lo sguardo in direzione di Joy e disse una sola
parola:
<Procedi.>
Conferenza
di pace.
Steve Rogers si aggirava tra nel
salone chiedendosi ancora una volta come avrebbero agito i terroristi. Erano
riusciti ad infiltrare qualcuno tra i partecipanti? Con il clima di odio che
c’era in Medio Oriente in quei tempi non sarebbe stato purtroppo difficile
trovare un volontario per una missione suicida anche tra il personale dei
servizi di sicurezza.
Mentre camminava, rifletteva: la bomba
non aveva bisogno di essere molto grande o pesante, non con la tecnologia
moderna. Poteva essere contenuta comodamente in una comune valigetta
ventiquattrore schermata. Ma come poteva entrare sfuggendo ai controlli?
C’erano solo due risposte possibili: o chi la portava con sé aveva la
protezione dell’immunità diplomatica o aveva complici tra il personale di
sicurezza che avrebbe dovuto eseguire i controlli all’entrata, tra gli stessi
agenti dello S.H.I.E.L.D. e Steve non poteva negare che trovava questa ipotesi
decisamente inquietante. Il suo istinto gli diceva che presto sarebbe successo
qualcosa.
Da
un’altra parte nello stesso salone.
L’uomo non dava alcuna indicazione di
essere nervoso eppure avrebbe dovuto esserlo. Dopotutto la valigetta che teneva
sulle ginocchia conteneva una piccola ma funzionante bomba nucleare. La sua
potenza era solo di pochi chilotoni[2]
ma sarebbe bastata a spazzar via tutti i nemici di Allah presenti ed anche gli
imbelli rappresentanti dei governi disposti a far la pace con loro. Sarebbe
morto anche lui ma era preparato a questo come ogni buon soldato.
Al momento giusto avrebbe digitato
sulla serratura della valigia la sequenza che avrebbe attivato il detonatore ed
innescato l’esplosione. Il mondo avrebbe ricordato a lungo questo disastro e
forse avrebbe capito.
Non
molto distante.
Yelena Belova aveva preso il suo posto
nella delegazione russa come Tatiana Sharapova, interprete di Farsi e di un
paio di varianti del Curdo, lingue che aveva imparato ai tempi in cui aveva
svolto una missione in Iran in quella che a volte le sembrava un’altra vita.
Non si era camuffata più di tanto: una ritoccatina all’acconciatura, un abito
sobrio ed un paio di occhiali. Nessuno avrebbe badato a lei. Nessuno a parte
una donna:
<Yelena Kostantinova…> le si
rivolse a bassa voce <… sei qui in missione per quei Vendicatori
Segreti?>
<Non mi aspettavo di trovarla qui,
Compagna Derevkova.> replicò pacata Yelena <Poco lavoro all’ufficio visti
del Consolato in questi giorni?>
Anna Olegovna Derevkova, Anya per gli
amici, ricacciò una risata. Anche se ufficialmente era la vice responsabile
dell’Ufficio Visti del Consolato Generale Russo a New York, era in realtà la rezident[3]
del S.V.R.[4]
negli Stati Uniti, un segreto di Pulcinella per i responsabili di molti servizi
segreti e per agenti come la giovane Vedova Nera.
<A Mosca hanno pensato che la mia
esperienza poteva essere utile e se tu sei qui, prevedo guai imminenti.>
Yelena la prese da parte e le raccontò
tutto. Inutile tenere la cosa segreta con lei a questo punto.
<Ci era giunta voce questo
movimento.> disse infine Anya <Raccoglie fanatici di vari paesi. Il più
pericoloso è Abdul Al Rahman, un iraniano che è stato sottoposto al trattamento
del supersoldato. Lo ha reso instabile
ed ha acuito il suo fanatismo. Considera tutto l’Occidente nemico dell’Iran e
di tutto l’Islam e ritiene gli attuali governanti del suo paese troppo
accomodanti così ha deciso di provvedere per conto suo.>
<Non sapevo che l’Iran possedesse
la tecnologia per creare supersoldati.>
<Gliel’abbiamo venduta noi.>
ammise Anya <Sembrava una buona idea al momento ma il Governo se n’è pentito
presto.>
<Lo immagino ma queste informazioni
non mi aiutano ad individuare i possibili attentatori.>
E questo rimaneva il nocciolo del
problema.
Poco
distante.
La ragazza dimostrava poco più di
vent’anni ma era già una combattente esperta, addestrata in un esercito a cui
non importava che le donne combattessero. Odiava visceralmente quegli ipocriti
che prima avevano spinto il suo popolo a combattere per la propria libertà e
poi l’aveva cinicamente abbandonato alle prese con i suoi aguzzini. Oggi forse
avrebbero capito che la pace è un sogno che può diventare un incubo.
Non aveva paura di morire. Era già una
morta che cammina dopotutto, un mese di meno da vivere non avrebbe cambiato le
cose. Attraverso il tessuto della borsetta sentì il peso della pistola e
sorrise.
Al
bancone del catering.
Donna Maria Puentes svolgeva il suo
compito di cameriera in maniera inappuntabile. Nessuno avrebbe mai pensato che in
realtà fosse un agente segreto e che conoscesse almeno dieci modi per
neutralizzare un avversario senza usare le armi.
Dalla sua posizione aveva potuto farsi
un’idea dei partecipanti al meeting ma non era ancora riuscita ad individuare l’uomo
o la donna con la bomba poteva essere chiunque.
Un pensiero la colse: e se la bomba
non fosse stata lì? Se i loro avversari l’avessero piazzata fuori, oltre il perimetro
controllato? Una bomba al plutonio non doveva essere necessariamente sul posto
per fare danni. Poteva essere anche a pochi chilometri. E se avessero sbagliato
tutto?
A qualche metro di distanza, diretta
nella visuale di Donna Maria una donna non più tanto giovane ma ancora piacente
stava discutendo con un arabo vestito all’occidentale.
Donna Maria sforzò la memoria e la
riconobbe come Gabrielle Haller, ambasciatrice di Israele all’ONU e capo della
delegazione del suo paese alla conferenza. L’altro era il suo omologo giordano.
Sembravano andare d’accordo. Un segnale incoraggiante, forse. Magari quella
conferenza non sarebbe stata inutile… e magari l’indomani il sole sarebbe sorto
ad ovest.
“Sto diventando troppo cinica” pensò
la giovane latinoamericana con un lieve sorriso “Steve non approverebbe.”
Improvvisamente una delle guardie di
sicurezza della delegazione egiziana si mosse verso di loro.
Perché? Fu la muta domanda che Donna
Maria si fece.
Sentì istintivamente che qualcosa non
andava.
Dall’altro
lato del salone.
L’uomo era vestito di nero ed aveva
decisamente l’aria di quello che in effetti era: l’agente del servizio di
sicurezza di una qualche nazione mediorientale. Da sotto la giacca era evidente
il rigonfiamento di una pistola.
Si mosse attraverso il salone con
naturalezza ed incrociò brevemente un occidentale con gli occhiali scuri e
quando l’ebbe oltrepassato si voltò con calma ed infilò la mano nella giacca.
Quasi contemporaneamente nel salone
echeggiò la voce di una donna che gridava:
<Attento!>
Pochi
minuti prima.
Nei panni dell’Agente Stan Winter,
Bucky Barnes si aggirava anche lui per il salone sperando che la sua esperienza
lo aiutasse ad individuare qualcosa di anomalo che gli permettesse di
smascherare gli attentatori. Sapere che erano mediorientali non era di nessun
aiuto in un luogo dove il 90% dei presenti veniva da quella parte del mondo. Se
fosse stato lui a dover compiere l’attentato come avrebbe agito? Ecco uno di
quei casi in cui la sua passata esperienza come killer al servizio dell’Unione
Sovietica poteva tornare utile, pensò amaramente.
Seguendo l’intuito si avvicinò alla
delegazione israeliana dove la capo delegazione, l’Ambasciatrice Gabriel Haller,
stava chiacchierando, apparentemente in maniera cordiale, con un arabo.
Incrociò il cammino con quello di un
altro arabo vestito di nero e lo superò sempre immerso nei suoi pensieri. Fu a
quel punto che udì:
<Attento!>
La voce di Donna Maria, che stava
succedendo?
Si voltò di scatto e vide l’uomo che
aveva appena superato estrarre una pistola e puntarla verso l’ambasciatrice
gridando:
<Morte alla cagna sionista!>
Per un istante che sembrava
un’eternità Bucky rimase come congelato poi scattò verso l’attentatore. Un
istante troppo tardi perché l’altro riuscì a sparare e la Haller piombò a terra
con un grido.
<Maledetto bastardo!> gridò
Bucky atterrando il suo avversario e colpendolo ripetutamente al volto con
rabbia.
In quel momento scoppiò il caos.
Un
attimo dopo lo sparo.
Come se lo sparo fosse stato il
segnale dell’azione una dozzina di uomini e donne si mossero armi in pugno
puntandole verso gli esterefatti delegati e gli agenti della sicurezza presi di
sorpresa.
<Non fate resistenza, sarebbe
inutile. Qualunque cosa facciate non impedirà che tra un minuto o poco più
tutti i presenti saranno morti.>
Parlava in Inglese con un evidente
accento del Golfo Persico.
<Che intenzioni avete?> chiese
loro Anya Derevkova facendosi avanti.
<Tra poco la città di New York e tutto
il mondo apprenderanno grazie al fuoco nucleare che non si sfida la collera
dell’Onnipotente.>
<Vuol dire che ha un’atomica? Siete
pazzi!>
<Semplicemente devoti alla causa e
pronti al martirio per essa. Se sei credente, donna, recita una preghiera perché
la tua vita e quelle d tutti noi finiscono adesso!>
Qualunque cosa l’uomo si aspettava che
accadesse, semplicemente non accadde.
<Non è possibile!> urlò l’uomo
<La bomba doveva esplodere adesso. Perché non è esplosa?>
<Perché io l’ho impedito.> disse
una stentorea voce d’uomo alle sue spalle.
Poco
prima.
L’intuito aveva spesso aiutato Steve
Rogers e l’intuito gli diceva che l’ometto che se ne stava seduto stringendo la
sua valigetta aveva qualcosa da nascondere.
Steve aveva fatto tre volte il giro del
salone e l’uomo era sempre lì. Non si era mai mosso nemmeno per bere qualcosa,
continuava a stringere la sua valigetta.
Con molta cautela Steve lo aggirò senza che se ne accorgessero né lui né
quelli che erano con lui.
Quando echeggiò il primo sparo l’uomo
cominciò a digitare qualcosa sulla sua valigetta ma non completò l’operazione.
Una pressione ad un certo nervo del collo lo fece svenire.
Con mano ferma Steve raccolse la
valigetta.
<Chi è lei?> esclamò un uomo
<Perché ha colpito Yaqub?>
<Perché è un terrorista e stava per
far esplodere un ordigno nucleare contenuto in questa valigetta.> replicò
Steve.
<Yaqub un terrorista? Un’arma
nucleare? Perché dovrei credere ad una storia così assurda da uno che non
conosco?>
<Sono un agente dello S.H.I.EL.D. e
la prego di credermi.>
In quel momento il resto dei
terroristi si fece avanti. Steve non perse tempo. Senza lasciare la presa sulla
valigetta spiccò un balzo passando sopra gli esterefatti delegati e nello
stesso tempo lasciò cadere la schermatura olografica che faceva sembrare il suo
costume da combattimento un abito normale.
Con una rapida corsa raggiunse il capo
dei terroristi mentre parlava con Anya Derevkova.
L’uomo si voltò di scatto verso di lui
e lo vide con in mano la valigetta.
<Uccidetelo!> urlo <E
prendete la valigetta!>
Come Steve aveva previsto i terroristi
si volsero verso di lui iniziando a sparare dimenticandosi degli altri. Grosso
errore.
Un colpo di Morso di Vedova abbatté
uno dei terroristi mentre Yelena Belova, ora nella sua tuta da Vedova Nera,
piombava in mezzo a loro colpendoli con calci ed altre mosse di arti marziali.
Nel frattempo Steve aveva usato il suo
scudo fotonico per deviare le pallottole dei suoi avversari. Gettò la valigetta
in faccia al leader del gruppo che finì a terra. Ne sapeva abbastanza da sapere
che un semplice urto non avrebbe mai innescato la bomba. Infine si gettò anche
lui tra i suoi avversari. Uno di loro, alle sue spalle, gli puntò contro la sua
pistola ma non fece a tempo a premere il grilletto: qualcuno lo precedette
colpendolo alla schiena.
Anche Donna Maria Puentes era entrata
in gioco.
Sempre
poco prima.
Sbollita la rabbia Bucky si rese conto
di due cose: la prima era che il suo avversario era ormai fuori combattimento
ed era inutile continuare a colpirlo. La seconda era che la sua copertura
olografica era saltata mostrando la sua tenuta da Soldato d’Inverno. Si alzò e guardò verso Gabrielle Haller
ancora a terra.
<Ci pensiamo noi a lei.> gli
disse l’ambasciatore giordano <Lei credo che abbia altro da fare,>
Indicò in direzione degli altri spari.
Il Soldato d’Inverno assentì e si mosse. Dentro di sé si sentiva in colpa.
Avrebbe dovuto capire che quel tipo aveva cattive intenzioni, ma lo aveva
lasciato passare poi si era voltato troppo tardi ed aveva esitato prima di
agire. Non era da lui. Anche se non gli piaceva ammetterlo, c’era davvero
qualcosa che non andava.
Ricacciò quei pensieri molesti e si
unì ai suoi amici nello scontro con i terroristi. Respinse un colpo destinato a
lui usando il braccio bionico come scudo. Il proiettile rimbalzò e colpì
proprio chi lo aveva sparato.
<Così impari a sparare in uno
spazio ristretto.> commentò Bucky.
Con il suo arrivo lo scontro finì in
pochi minuti.
Il leader dei terroristi si era
ripreso e stava strisciando verso la valigetta. Ne conosceva la combinazione e
se fosse riuscito ad attivare la bomba…
Un tacco a spillo si piantò sulla sua
mano destra strappandogli un grido di dolore.
<E poi dicono che i tacchi sono
inutili in battaglia.> commentò Donna Maria Puentes puntando la sua pistola
contro il naso dell’uomo mentre con l’altra mano raccoglieva la valigetta.
<Bel lavoro Maria.> le si
rivolse Steve.
Lei sorrise compiaciuta.
Pochi
minuti dopo.
I terroristi furono presi in consegna
dagli agenti dello S.H.I.E.L.D. guidati da Roger Nelson. Le cose si erano
svolte così velocemente che non avevano fatto in tempo ad intervenire.
Gabrielle Haller era ancora viva anche
se in gravi condizioni e fu portata in ospedale in elicottero. L’intervento di
Bucky aveva deviato la mira del killer impedendo che la pallottola la colpisse
al cuore. Bucky respirò di sollievo. Un peso di meno sulla sua coscienza
tormentata.
La conferenza fu ovviamente aggiornata
e di lì a breve i delegati sarebbero stati scortati ai rispettivi alloggi
Tutto sembrava essere finito per il
meglio ma Steve Rogers non sembrava soddisfatto.
<Cosa c’è?> gli chiese Bucky
<E non dire: nulla. Ti conosco fin troppo bene per non capire che qualcosa
ti preoccupa.>
<Stessa cosa per me.> intervenne
Donna Maria.
<Avete ragione.> ammise Steve
<Non so… è come la sensazione che qualcosa non quadri. È stato tutto troppo
facile come se fosse stata tutta una grande messinscena ma a quale scopo?>
In quel momento il suo comunicatore
vibrò: era una chiamata da parte di Amadeus Cho dal quartier generale.
<Cosa c’è Amadeus?> gli chiese.
<<Ho
in linea Nomad.>>
rispose il giovane coreano <<A
quanto pare, ha scoperto qualcosa di molto grave.>>
E quando lo ebbe ascoltato Steve seppe
che era anche peggio.
Altrove, pochi minuti prima
Gli ci erano volute tre ore di viaggio
in moto per raggiungere New York dalla Pennsylvania.
La chiamata di Bill poteva essere
tutto o niente, ma Nomad aveva ritenuto fosse giusto verificarlo di persona.
Doveva battere ogni pista.
Bill Baxter faceva parte degli Undergrounders,
una rete di persone sparse in tutta l'America da costa a costa, composta per lo
più da sbandati e gente umile, che si aiutava l'uno con l'altro, spesso con
soffiate e informazioni.
Nel suo lungo vagare per gli States
Nomad aveva spesso avuto a che fare con molti di loro, aiutandoli e venendo
aiutato a sua volta.
Nella sua ricerca ai terroristi, oltre
a Steve e alla sua squadra, si era rivolto anche a loro.
Dopo aver chiamato Amadeus e avergli
riferito cosa aveva scoperto[5]
Jack aveva ricevuto la telefonata di Bill. Allora era salito a bordo della sua
moto e si era recato sul posto per verificare.
Bill Baxter lavorava in una pompa di
benzina a South Ferry, Manhattan non
lontano dall’approdo dei traghetti per Staten Island e le isole di Ellis e
Liberty.
Jack la raggiunse il prima possibile.
<Ehi Bill...> disse entrando
nell'area di servizio.
<Jack. Hai fatto in fretta.>
<Ogni secondo è prezioso. Allora,
che hai per me?>
<Come ti dicevo, si tratta dei tizi
di cui ci ha mandato la foto. Stasera, non più di un'ora fa, un furgone è
venuto a fare il pieno qui, alla pompa tre, e ho riconosciuto uno di loro, indubbiamente
un arabo.>
<Ne sei certo Bill? Guarda che si
tratta di una cosa molto seria.>
<Jack, mi sono fatto Tempesta nel
Deserto negli anni 90. So di cosa parlo. E sapevo che avresti potuto nutrire
dubbi, così l'ho fotografato> tirò fuori il suo cellulare e gli mostrò le
foto che aveva scattato. <Ora dimmi se non è uno di loro.>
Jack abbassò gli occhiali a specchio
sul naso e fissò la fotografia.
L'uomo ritratto nella foto sembrava
essere proprio uno dei terroristi incriminati: testa rasata, barba incolta, e
uno strano tatuaggio circolare sulla spalla destra.
Dalle informazioni che gli aveva
fornito lo S.H.I.E.L.D. si trattava di Faysal Al-Tariq, un palestinese leader
di un movimento ostile
alle trattative di pace che il suo ed altri paesi mediorientali stavano facendo
con l'Occidente. Era uno degli uomini con cui si era battuto in Florida.[6]
<Sei stato fantastico, Bill. Non
sei quanto è importante quest'informazione che mi hai dato! Hai visto anche che
direzione hanno preso?>
<Si, sono andati verso i
traghetti.>
Nomad rimase perplesso. Che ci
facevano i terroristi in questa zona quando avrebbero dovuto essere da
tutt’altra parte? Il luogo scelto per la conferenza di pace non era lontano ma
non era raggiungibile né coi traghetti e nemmeno tramite i tunnel sottomarini
che passavano sotto Battery Park. Non aveva senso… a meno che…
All'improvviso tutto fu chiaro nella
mente di Jack e lui non riuscì a trattenere un brivido. Lui e gli altri Avevano
sbagliato tutto e se non agivano in fretta la città sarebbe stata sconvolta da un
disastro inimmaginabile
CONTINUA
NOTE
DEGLI AUTORI
Giusto
poche parole su quanto avete appena letto:
1)
L’Agente dello S.H.I.E.L.D. Nelson è
stato creato da Jack Kirby su Captain America Vol. 1* #207 datato marzo 1987.
Il grado di Supervisore ed il nome Roger sono aggiunte di Carlo Monni.
2) Gli Undergrounders o anche Clandestini, sono la
rete d'informatori di Nomad sparsa per gli USA creata da Fabian Nicieza nella
serie di Nomad degli anni 90.
3) Il Farsi o persiano è la lingua parlata in Iran, ma
anche in Afghanistan ed in Tagikistan dove le varianti locali prendono il nome
rispettivamente di Dari e Tagiko.
4) Il Curdo è ovviamente la lingua, o meglio il gruppo
di lingue e dialetti parlati dai curdi nei vari Stati dove risiedono.
Nel prossimo episodio: una corsa contro il tempo
per salvare la Costa Orientale americana dal disastro ed in più nuovi sviluppi
delle nostre sottotrame.
Vi
aspettiamo.
Carlo
& Carmelo